L’esperienza di una terapia psicoanalitica lascia emergere non di rado nel paziente una girandola di emozioni. Queste possono spesso concretizzarsi nel pianto. È una circostanza piuttosto usuale, dettata in primis – almeno è ciò che si tende a sentire – da un lavoro su se stessi che va a toccare punti delicati. Si lavora infatti nel profondo, nell’insolito, nel passato, e su tutto ciò che è lontano dalla praticità del quotidiano ma più indirizzato verso una serie di elementi spesso racchiusi nella parola “inconscio”.
Tuttavia, il collegamento pur comprensibile chiarito sopra non deve esaurire necessariamente la questione “Terapia Psicoanalitica e pianto”. Un simile binomio può infatti essere oggetto di ricerche molto più approfondite e scientifiche.
In particolare, uno studio di settore ha provato ad analizzare numeri, casistiche e ragioni intrinseche del fenomeno, alla quale vale la pena dare un’occhiata.
Terapia psicoanalitica e pianto
Lo studio ha cercato di comprendere più a fondo le esperienze di pianto dei pazienti in terapia. È stato chiesto a 64 analisti di raccogliere dati a riguardo nella loro quotidianità lavorativa. Questo non solo al fine di completare la ricerca sul pianto in psicoterapia, ma anche per giungere gradualmente a una sorta di alleanza terapeutica favorita da una sempre maggiore comprensione tra analista e paziente.
I dati hanno mostrato come 55 pazienti – vale a dire l’85,93% del campione analizzato – hanno pianto almeno una volta durante la terapia. 18 – 28,1% – hanno pianto durante la sessione più recente.
La frequenza degli episodi di pianto dei pazienti in terapia è negativamente correlata al livello psicotico di organizzazione della personalità (più si piange, minore è il disturbo), mentre la tendenza dei pazienti a provare sentimenti più negativi dopo il pianto è positivamente correlata a livelli più bassi di organizzazione della personalità.
La sensazione di maggiore controllo dei pazienti dopo il pianto è positivamente correlata a un approccio terapeutico interpersonale. Dall’altra parte, la percezione da parte dei pazienti dei terapeuti come più solidali dopo il pianto è positivamente correlata a un approccio psicodinamico.
La tendenza dei pazienti a provare sentimenti più negativi dopo il pianto è significativamente correlata sia ai livelli più bassi di organizzazione della personalità che alla percezione da parte dei pazienti dell’alleanza terapeutica come debole.
Terapia psicoanalitica e pianto: comunicare l’incomunicabile
Per quanto riguarda il loro più recente episodio di pianto durante il trattamento, l’alleanza terapeutica è correlata all’acquisizione di una nuova comprensione dell’esperienza non precedentemente riconosciuta dal paziente.
In più, molti pazienti non avevano mai condiviso direttamente con nessuno un episodio di pianto. Un aspetto che lascia spazio alla formulazione di idee nuove e la sensazione di aver comunicato qualcosa che a parole non avrebbero potuto esprimere. Simili sentimenti sono positivamente correlati all’obiettivo dell’alleanza dottore-paziente.
La percezione da parte dei pazienti del pianto come un momento di genuina vulnerabilità, maggiori sentimenti di fiducia in se stessi e rivelazione di sé, oltre ad aver generato una risposta del terapeuta del tutto compassionevole e solidale, era positivamente correlata alla dimensione del legame dell’alleanza.
Dott. Pietro Zingaretti, Ph.D. Neuroscienze, Psicologo clinico, Psicodiagnosta clinico e forense, Cofondatore dello Studio di Psicoanalisi Castelli Romani.