Una breve prefazione storico-culturale e una sintetica review del pensiero sul tema. Inconscio: dalle origini ad oggi
Inconscio: dalle origini ad oggi.
Spesso sentiamo parlare di inconscio e spesso utilizziamo questa parola nel nostro parlare comune, ma perché è così importante e come si è arrivati a utilizzarla cosi spesso? Proviamo a mettere un po’ d’ordine.
La scelta di Freud di pubblicare ‘L’interpretazione dei sogni’ all’inizio del nuovo secolo, si è rivelata una di quelle profezie che si auto-avverano. Il libro ha cambiato gli scenari dei decenni a seguire. Già prima di Freud nella filosofia e nella cultura a cavallo tra il 18° e il 19° secolo si riteneva che ci fossero ‘rappresentazioni’ o ‘idee’ non immediatamente accessibili alla coscienza, veniva cioè posta una forte attenzione al mondo inconscio.
Freud svelò i meccanismi di funzionamento dell’inconscio dinamico, profondamente diversi dai processi consci. Questa scoperta ridisegnò il modello della mente umana fino allora conosciuto. Dall’altro canto, in quel momento storico le teorie darwiniani, così come nell’arte (ad esempio Schiele e Klimt) e nella letteratura (ricordiamo Schnitzler), hanno messo in discussione la visione tradizionale dando spazio alla soggettività e all’esperienza inconscia.
Nei decenni successivi, questa concezione di Freud divenne meno dicotomica. Ma comunque il primato della ragione, caposaldo della tradizione occidentale, venne messo in discussione, e gli scritti Freudiani sovvertirono la visione della mente. Nonostante alcune riletture dell’inconscio da parte di Lacan o di Matté Blanco, la costruzione freudiana è rimasta sostanzialmente inalterata nel tempo.
Inconscio: dalle origini ad oggi
Solo poco tempo fa, nuove discipline come le neuroscienze cognitive o la ricerca in campo infantile, hanno riformulato la visione teorica dell’inconscio. A titolo esemplificativo, Efrat Ginot, psicoanalista americana, teorizza che l’inconscio non è solo quello dinamico rimosso dalla coscienza, ma comprenderebbe anche altri processi inconsci e soprattutto la ‘conoscenza implicita’.
“Quando volgi le spalle al sole non vedi che la tua ombra.”
Khalil Gibran
Si tratta di una conoscenza che prende corpo nei primi anni di vita, nelle relazioni, con cui i bambini si orientano e comprendono le intenzioni degli altri, comunicano i propri desideri e si adattano agli altri.
Il cambiamento è radicale, l’inconscio, in questo modo, può essere concepito come una struttura mentale coesa e attiva che ci aiuta a valutare continuamente le esperienze che viviamo, e a cui rispondiamo con i nostri schemi interpretativi.
A mio modo di vedere, un cambiamento radicale che riafferma con forza l’egemonia del pensiero Freudiano: ‘Wo es war soll Ich werden’, ‘Dove era l’Es, deve subentrare l’Io’ (traduzione di Cesare Musatti).
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L’inconscio nella psicoanalisi
L’inconscio (Unbewußte) è il costrutto centrale della psicoanalisi.
Freud elabora l’esistenza di rappresentazioni (Vorstellungen) alle quali non era consentito l’accesso alla coscienza o dalla quale venivano espulse. Pertanto, l’inconscio è strettamente connesso con il concetto di rimozione (Ubertragung) e, a lungo, l’inconscio è stato identificato con il ‘rimosso’.
L’inconscio è uno dei tre sistemi psichici descritti da Freud nella Prima Topica. Tuttavia, bisogna distinguere un inconscio formato da contenuti mentali che, benché non presenti alla coscienza, sono ad essa volontariamente e immediatamente richiamabili, è il cosiddetto “preconscio”, e un inconscio dinamico che non è accessibile alla coscienza e i cui contenuti si mostrano sotto forma di sintomi, lapsus, azioni sintomatiche.
Benchè deformati a opera della censura onirica, i contenuti dell’inconscio si rivelano anche e soprattutto nei sogni. Il tratto caratterizzante del funzionamento inconscio è il “processo primario”, vale a dire che l’inconscio opera in un regime economico-dinamico di “energia libera”, quindi, con una mobilità degli investimenti e con i meccanismi della condensazione, dello spostamento e della assenza sia di contraddizione che della dimensione della temporalità.
Il concetto di ‘pulsione’
A partire dal 1905, con l’introduzione del concetto di “pulsione” (Trieb) si determina un progressivo spostamento dalla centralità delle “rappresentazioni” (Vorstellungen) a quella del “moto pulsionale” (Trieb). Tuttavia, nel saggio “L’inconscio” (1915b), Freud afferma che la pulsione per dimorare nell’inconscio deve essere comunque legata a una rappresentazione.
Ben presto, Freud riconobbe che l’inconscio ha un’estensione più ampia del solo rimosso (1915b pag. 49). In primo luogo, infatti, specificò che anche una parte dell’Io è inconscia (già da qui si intravede uno spostamento verso la seconda topica Freudiana), lo sono i cosiddetti “meccanismi di difesa” e, primo tra tutti, lo è la rimozione, definita anche difesa “primaria” che, come rimozione “primaria” o “originaria”, è considerata costitutiva dell’inconscio stesso.
In “Pulsioni e loro destino” (1915a pag. 22), oltre alla rimozione, anche la trasformazione nel contrario, il volgersi sulla persona stessa del soggetto e la sublimazione sono definiti “destini pulsionali”, oltre che “meccanismi difensivi”.
Con la svolta della Seconda Topica, l’inconscio smette di essere considerato uno dei sistemi psichici per designare una qualità del funzionamento psichico che appartiene ad una parte dell’Io, al Super-Io e all’Es (Freud 1922). In particolare, il termine Es, pronome neutro di terza persona (das Es), deriva da Groddeck che, a sua volta, lo usa citando Nietzsche. Nella prospettiva freudiana, costituisce il “serbatoio delle pulsioni”, sia di quelle di vita (Eros) che di quella di morte (Thanatos).
Inoltre, l’Es non è nettamente separato dall’Io e neanche dal soma (1932 pag. 189). Laplanche (1993) afferma che con la Seconda Topica il riferimento biologico ha acquistato un’importanza maggiore di quello che aveva nella Prima Topica. In realtà, il fondamento biologico dello psichismo, era iniziato con l’introduzione del concetto di pulsione. Per Freuf a pulsione aveva una fonte somatica e che, quindi, fosse una “rappresentanza psichica di una fonte di stimolo in continuo flusso, endosomatica” e “un concetto al limite tra lo psichico e il corporeo” (1905 pag. 479).
L’inconscio nell’era post-freudiana
Nella psicoanalisi post-freudiana il concetto di inconscio ha subito alcune modificazioni.
Solo a titolo esemplificativo, la Psicologia dell’Io si è concentrata a sviluppare i meccanismi di difesa dell’Io, introducendo anche il concetto di “adattamento” (A. Freud, 1936; Hartmann, 1937). Le Teorie delle Relazioni Oggettuali, primariamente quella kleiniana, si sono allontanate dalla concezione energetista, quindi economica, dell’inconscio, sviluppando il concetto di “ fantasia inconscia”, intesa come scenario di relazioni tra l’Io e gli oggetti interni.
W. R. Bion, apparentemente, ha condiviso l’impostazione kleiniana ma, con la sua “teoria delle funzioni” e delle “trasformazioni” (1962, 1963, 1965), ha introdotto una differente visione dell’inconscio basato sulla “funzione alfa”, che consiste nella trasformazione di “elementi beta” (sensazioni non digerite e incapaci di diventare pensieri onirici) in “elementi alfa” che sono i costituenti dei “pensieri del sogno”. Per Bion è la “funzione alfa” che determina la rimozione e quindi forma l’inconscio rimosso; in mancanza della “funzione alfa”, non vi è un vero inconscio rimosso.
Un approccio radicalmente differente all’inconscio è stato quello di Lacan. Egli ha abbandonato i referenti biologici e psicologici della metapsicologia freudiana e ha adottato gli assunti dello strutturalismo linguistico che fa capo a F. de Saussure (Lacan 1966). In questa prospettiva, ha affermato l’egemonia del significante sul significato e ha identificato i meccanismi specifici dell’inconscio, cioè la condensazione e lo spostamento, con le figure retoriche della metafora e della metonimia: ‘l’inconscio è strutturato come un linguaggio’.
L’inconscio non è quindi considerato qualcosa di profondo che occorre riportare alla superficie della coscienza ma è l’altro lato del linguaggio, ciò che si nasconde nelle pieghe del linguaggio stesso. Successivamente, alcuni autori di cultura francese, (Ad esempio D. Anzieu, a G. Rosolato e a J. Kristeva) hanno enormemente ampliato il concetto di “significante” facendogli oltrepassare la dimensione linguistica per coinvolgere aspetti percettivi e sensoriali, come quelli visivi, tattili, uditivi.
Dott. Pietro Zingaretti, Ph.D. Neuroscienze, Psicologo clinico, Psicodiagnosta clinico e forense, Cofondatore dello Studio di Psicoanalisi Castelli Romani.