“Da ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo il suo bisogno”.
Karl Marx
Prima di focalizzarci anche solo sul semplice titolo di questo articolo – ciò che i nostri bisogni non dicono – è importante sottolineare che la differenziazione tra il termine desiderio e bisogno è di per sé complicata sul piano concettuale, e la confusione semantica nel parlato comune ne è quasi la prassi.
Nonostante questo, desiderio e bisogno hanno differenze fondamentali. Per comprenderle potremmo, in modo del tutto semplicistico e non esaustivo, riassumere in: l’appagamento che ne viene, il loro rapporto con la mente ed il corpo, e soprattutto la natura relazione con l’altro. Ciò che ci preme in questo scritto è focalizzarci sul bisogno. Lasceremo quindi gli aspetti del desiderio alla stanza di analisi.
Ciò che i nostri bisogni non dicono
È una questione meno banale di quanto si pensi se ragioniamo su uno schema che, la maggior parte delle volte, non prevede affatto un meccanismo di domanda-risposta. Ogni relazione che viviamo è caratterizzata da una serie di dinamiche, regole non scritte, modalità di interazione e di comunicazione. Ci sono quindi relazioni caratterizzate da un grado diverso di dominanza, relazioni in cui si assume un certo ruolo, relazioni con dinamiche consolidate. Queste regole, inconsapevolmente o meno, guidano il nostro comportamento. Ci percepiamo in un certo modo e riteniamo che l’altro ci percepisca così, e questo ci indirizza rispetto a quali comportamenti adottare.
Vale anche l’opposto, poiché queste regole ci forniscono inoltre delle convinzioni e delle aspettative riguardo a com’è l’altro e a come reagirà a una nostra azione o comunicazione. Determinate modalità di percepirci e di interagire con gli altri sono così radicate nella nostra mente da non essere praticamente mai messe in discussione, perché semplicemente “è sempre stato così”.
Esperienze precedenti reiterate nel tempo o esperienze attuali possono portare alla convinzione che, in alcuni casi, non possiamo esprimere i nostri bisogni liberamente.
Il condizionamento delle nostre necessità
Può succedere in situazioni nelle quali vorremmo dire di no ma ci sentiamo “impossibilitati a farlo”, perché convinti che non sia un nostro “diritto”. Oppure, possiamo ritrovarci ad assecondare le richieste altrui. Questo perché far sapere all’altro che non vogliamo fare una determinata cosa ci fa sentire in colpa, temiamo di ferirlo.
A volte esprimere i nostri bisogni – specie se questi sono vissuti come esagerati o in qualche modo inadeguati – ci risulta semplicemente impossibile. Siamo noi a sbagliare, ad avere pretese eccessive, e l’altro non vorrà più avere a che fare con noi se insistiamo a pensarla in modo diverso.
In altre parole, la colpa, o meglio la fantasia di essere in colpa, è la catena che ci inchioda a non esprimere i nostri bisogni.
Come comunicare i nostri bisogni?
Un primo passo importante e tutt’altro che scontato dovrebbe essere quindi quello di riconoscere i propri bisogni e accettarli. Voler mettere dei confini tra noi e gli altri, volere del tempo solo nostro, voler essere ascoltati davvero e rispettati. Tutti questi sono desideri assolutamente sani.
Siamo esseri umani, con un quantitativo di energie che non è infinito, ed è giusto voler tenere una quota di queste energie solo per noi. Da qui, ne segue che non possiamo dedicarle interamente alla soddisfazione dei bisogni o delle aspettative altrui. Una relazione non è una costante prova da superare, tale per cui se siamo in un certo modo e lo siamo sempre va bene, altrimenti no.
Se riusciamo ad accettare che l’altro non sia sempre disponibile per noi, o non sia sempre esattamente come noi lo vogliamo, dobbiamo riuscire ad accettare anche le nostre diversità e fallibilità, senza temere che verremo giudicati negativamente o abbandonati per questo.
Allo stesso modo, diventa importante capire in che modo possiamo comunicare i nostri bisogni agli altri. Porsi in modo passivo, chiedere scusa prima ancora di aver iniziato a parlare, usare un tono di voce basso, tenere la testa china, ritrattare subito ciò che si stava dicendo poiché si teme la reazione negativa altrui, porta a svalutare il nostro stesso sentire, che difficilmente sarà ascoltato e accolto.
Sarebbe un errore anche porsi in maniera diametralmente opposta, imponendosi sull’altro a tutti i costi, attaccandolo poiché riteniamo che non sia in grado di capirci e di rispettarci.
Rispettare le necessità dell’altro
L’assertività è definita come l’abilità di dire di no senza sentirsi in colpa (Pipaş e Jaradat, 2010), di esprimere i propri bisogni e i propri desideri senza negare i bisogni e i desideri dell’altro, rispettandoli. Una comunicazione assertiva è una comunicazione concisa, circoscritta, nella quale è espresso chiaramente il proprio pensiero ma allo stesso tempo si resta aperti all’ascolto del punto di vista dell’altro. Per dire chiaramente che cosa si vuole o come ci si sente, infatti, non è necessario né scusarsi né imporsi.
Per esempio, dire al proprio partner “Sei sempre al cellulare, non mi ascolti mai!” è un tipo di comunicazione aggressiva, che prende un singolo comportamento dell’altro, lo generalizza (“sempre”) e impone la propria visione sul significato di quel comportamento, un significato negativo dal quale ci si difende attaccando. Se invece la questione fosse posta in modo diverso, del tipo: “Quando guardi il cellulare mentre parlo, io non mi sento ascoltato”, il focus resterebbe sul singolo comportamento e sugli effetti che questo ha su di noi.
Il proprio bisogno (quello di sentirsi ascoltati) viene comunicato in entrambi i casi. Eppure, nel secondo scenario difficilmente l’altro si sentirà attaccato, e potrebbe rendersi conto di un comportamento del quale era inconsapevole, rifletterci e migliorarlo.
I bisogni: un cammino incerto
Ovviamente, comunicare i nostri bisogni nel modo più appropriato possibile non dà la certezza che questi verranno ascoltati e accettati. Ma non per questo riflettere su di essi è meno importante.
Possiamo imparare molto dal momento in cui diveniamo consapevoli di ciò che vogliamo, di ciò che è giusto volere per noi stessi e dagli altri, di come è giusto esprimerlo. Questo al fine di scegliere con sempre maggiore consapevolezza chi avere accanto.
Per problemi legati a questa e altre tematiche, puoi sempre considerare l’opportunità di effettuare un primo incontro gratuito, garantito dallo Studio Psicoanalisi Castelli Romani.
Dott. Pietro Zingaretti, Ph.D. Neuroscienze, Psicologo clinico, Psicodiagnosta clinico e forense, Cofondatore dello Studio di Psicoanalisi Castelli Romani.